Caro Pippo, Caro PD…

(so che con questo articolo mi tirerò addosso le ire di alcuni e le simpatie di altri. Mi divertirò a vedere gli scannamenti sotto il post di FB…tra gente più o meno assennata e inguaribili tifosi)

Civati_640

Caro Pippo,

non sono mai stato un tuo sostenitore. Ma vedere ieri alcune frasi sulla tua uscita dal PD che hanno la profondità politica di un rutto (cit.), e non parlo della battutina-frecciatina fatta in privato tra amici (quella più o meno ci può stare) ma di insulti tronfi di chi guarda tutto e tutti dall’alto al basso, mi ha fatto letteralmente incazzare. Scusate il francesismo. Non voglio fare il buonista, ma quelle uscite sono prima di tutto una mancanza di rispetto umano nei tuoi confronti, e in secondo luogo sono una dimostrazione di sensibilità politica degna di un procione (non me ne vogliano i procioni, animaletti carini e simpatici). Caro Pippo, anche io mi sono trovato più di una volta a dover lottare con alcune cose che sembravano montagne, ma le montagne vengono scavate e modificate anche dai piccoli torrenti. Che sono sempre nella montagna, non esono da essa. Qualche mese fa ho pubblicato una vignetta satirica presa da Lercio “Civati finisce in minoranza tra i Civatiani”. Tutti l’hanno presa con una risata, ma per me aveva un significato molto più profondo. Attorno a te hai creato un capitale umano che non ha nulla da invidare a nessuno. Gruppo che vive e lotta DENTRO al PD. E ne fa parte, con tutti i difetti che ha il PD. Un gruppo che a volte ha dimostrato più realismo di te e più oculatezza in molte scelte nei vari livelli in cui si muove. E continuerà a vivere dentro questo LUOGO (vedasi “Libertà di rotazione“) politico, purtroppo, senza di te. Ti ho sempre visto come la versione stereo della coscienza, dove hai l’angioletto “buono” e l’angioletto “cattivo” che ti dicono cosa fare. A volte eri quello buono, altre volte quello cattivo. Ora, come si farà a capire a quale dei due dar retta, se uno manca?

Buon viaggio, e so per certo che presto tornerai, perchè Democratici si è sempre Orgogliosamente

vista2due

Caro PD,

Oggi hai perso. Per un po’ voglio usare un gergo calcistico, così può essere chiaro a tutti: “abbiamo perso uno a zero, ma abbiamo avuto più possesso di palla e più palle goal”. Ecco qualcuno è ancora convinto che questa sia una vittoria. Non lo è. Quando il fondatore di “un’anima” all’interno del Partito se ne va non si risolve tutto con una pacca sulla spalla del mister. Valà che va tutto bene. No. Sempre più persone al tuo interno sollevano dubbi e perplessità che non possono essere cancellati con un colpo di spugna. Tempo fa si è andati compatti verso una decisione (o meglio molto compatti), poi sempre meno. Sono il primo a dire che chi vince governa, ma governa, non comanda. E c’è differenza, eccome. Ci sono numeri sui quali non si può passare sopra, e non sto parlado di voti in aula. Sempre più persone al tuo interno cominciano a farsi domande, giustamente pro o contro…ascoltarle? Non porterebbe via tempo al percorso intrapreso che DEVE andare avanti, ma ti permetterebbe di essere forte, ancora più forte di quanto potresti essere ora. Sai PD che aria tira effettivamente dentro di te, dalla più piccola sezione del paesino sui monti al grosso aggregato politico culturale della metropoli? Non è una dittatura delle minoranze, ma una coscienza delle maggioranze, e ben presto entrambe si renderanno conto che da sole non andranno molto lontane. E non parlo di ciò che si trova fuori ma di quello che sta dentro di te. E una tale ricchezza ce l’hai solo tu PD. Non hai bisogno di trovare a tutti i costi un nemico, perchè come disse un mio caro amico in un suo post di qualche tempo fa “quando il PD è davvero unito, non c’è storia”. Nel mio piccolo ruolo porterò avanti sempre quello che sei, perchè non esistono ruoli più o meno importanti, la differenza è il peso che ciascuno dà al proprio. Quando parlo con tutti questa unione la sento ancora in te. Devi solo ritrovarla tu.

Buona giornata PD

 

 

1 thought on “Caro Pippo, Caro PD…”

  1. In quanti criticano la scelta di Civati di uscire dal Pd mi pare manchi una consapevolezza: un conto è agire a livello amministrativo e/o politico locale, confrontandosi e scontrandosi più o meno con i compagni di sempre, con alcuni “nuovi acquisti”; un altro è sedere nell’aula della Camera ed essere chiamati ogni giorno ad approvare – magari con la fiducia – leggi che contraddicono le proprie convinzioni e il programma elettorale sulla base del quale si è stati eletti.
    Questo paradosso deriva direttamente da un errore fatale che il Segretario Bersani commise nel 2012: quello di “aprire” le primarie di coalizione per far correre Renzi anzichè anticipare il Congresso.
    Quella scelta veniva incontro alle esigenze di entrambi: a quelle di Bersani, che non voleva veder messa in discussione la sua leadership nel partito; e quelle di Renzi, che da outsider non sarebbe (allora) riuscito a vincere il Congresso e che giurava di non avere nessuna vocazione per la Segreteria (in effetti…)

    Il risultato è stato che le politiche del 2013 hanno portato in Parlamento deputati e senatori coerenti con la Segreteria Bersani (a parte una “quota” concessa a Renzi e un’altra, piccola, di “outsiders” emersi con le “parlamentarie”); ma il Congresso dell’anno successivo ha cambiato totalmente i connotati del partito, rendendolo quasi l’opposto di quello di prima, sul piano programmatico (e non solo).

    Per i “peones” più passivi e per i parlamentari più disinvolti, questo non ha costituito un grosso problema: si sono tranquillamente acconciati a sostenere e difendere provvedimenti contro i quali, solo un anno prima, avrebbero fatto le barricate. Ma per chi, come Civati, ha una coscienza politica, la situazione è diventata insostenibile e la “concessione” di Renzi di poter votare in dissenso (più comodo per lui ignorare le obiezioni di chi non si allinea, anzichè dovervi rispondere…) non è stata più sufficiente a dare un senso alla propria permanenza nel Pd.

    Renzi avrebbe potuto sanare la situazione chiedendo al Parlamento (peraltro “un po’ illegittimo”, in base alla sentenza della Consulta sulla legge elettorale con il quale è stato eletto) di approvare velocemente il ritorno al Mattarellum e di andare a votare: sarebbe stata una doverosa restituzione di parola al “popolo sovrano”. Ma, poichè i parlamentari “con degli scrupoli” sono pochi (non abbastanza per minacciare seriamente la maggioranza, comunque all’occorrenza sempre rimpolpata dai soliti “responsabili”), Renzi ha scelto di continuare fino al 2018 con queste Camere.

    Non è tutto: Renzi sta esercitando la sua leadership nel partito con stile “cesarista”, perchè la sua immagine richiede decisioni rapide ed efficaci: per questo non “consulta” gli organi di partito, ma si fa firmare da essi una sostanziale delega in bianco (che ottiene sempre, perchè i numeri sono a suo totale favore) per fare ciò che il suo istinto politico gli suggerisce – anche quando ciò contraddice le sue stesse affermazioni della settimana precedente (voglio solo ricordare che il Presidente della Repubblica doveva avere “standing internazionale”… sì, ciao).

    In questo quadro, restare nel Pd e riuscire ad incidere sulle sue politiche è diventato impossibile: tanto più che il resto della minoranze ha più volte dimostrato di non volersi unire in una battaglia comune, ma di privilegiare le beghe tra capicorrente. I voti sull’Italicum alla Camera sono solo l’ultimo, deprimente episodio.

    Per questo, penso che “realismo e oculatezza” non sono più sufficienti. Occorreva un gesto forte, per salvaguardare la propria integrità politica; un gesto che avrebbe potuto anche dare un segnale importante al Pd, se solo questo fosse ancora un partito consapevole di sé stesso

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