Non deve essere quella la nostra paura. Anche se diversi moti di neoluddismo ci stanno spingendo verso questa psicosi collettiva, dove i robot e tutte le macchine improvvisamente impazziscono e portano il mondo sull’orlo della distruzione.
Nemmeno quella che i robot si sostituiranno agli uomini nelle mansioni lavorative più semplici. È ovvio e indubbio che tale sostituzione in parte ci sarà ed è già in atto, ma ciò non sostituirà mai la manodopera umana nella sua totalità.
Basta pensare all’automazione nel settore automobilistico. Macchine “intelligenti” che costruiscono un’auto, con tecnici e operai anche non specializzati che concorrono comunque alla catena produttiva. Così come un mezzo di comunicazione non sostituisce mai interamente l’altro lasciando “a spasso” chi lavorava nello stesso, o così come l’invenzione della lavatrice non ha lasciato sul lastrico legioni di lavandaie. Volutamente ho citato degli esempi semplicistici, e non è mia intenzione liquidare con così poche righe un tema degno di dibattito come la robotizzazione della manodopera.
Quello che ha fatto scaturire la mia riflessione è stato un post del Linkiesta sulla robotizzazione non del lavoro ma della società e dell’intelligenza collettiva. Da questo post sono seguiti ovviamente ore e ore di video visualizzati, in particolare su Sophia, androide creato dalla Hanson Robotics con l’obiettivo di studiare l’interazione uomo-macchina.
Sophia è balzata agli onori della cronaca per essere stata il primo androide al quale è stata riconosciuta la cittadinanza di uno stato (strano ma vero l’Arabia Saudita) ma soprattutto per aver dichiarato in una conferenza stampa di voler “uccidere tutti gli umani” (da qui il titolo-citazione dell’immenso Bender Rodriguez).
Non sono tanto i due fatti a colpirmi, quanto il come riusciremo a gestire le intelligenze artificiali abbinate a queste macchine. Immaginiamo l’unico ambiente dove circola ogni tipo di conoscenza possibile (vera o presunta), ossia internet, e un automa in grado di connettersi a questa rete e ad accedere potenzialmente a tutta questa conoscenza in modo istantaneo. Ma non solo, in grado di dialogare tramite processi Machine-to-Machine con un altro androide, ma non solo con quello, con ogni altro androide presente sul pianeta. Un po’ come un semplice cellulare.
Come sarà possibile non riconoscere un grado di umanità e di legittimità all’azione autonoma di questo costrutto? Come potremmo giustificare o meno le sue azioni? Sarà possibile mantenere la superiorità umana sulla macchina, attivando la vecchia dinamica dell’uomo che distrugge la macchina?
Mentre scrivo mi vengono in mente tutti i classici della fantascienza, dal primitivo HAL 9000 di Kubrick alle macchine e programmi senzienti di Matrix.
E tutto ciò, per la gioia dei più conservatori di noi…è già realtà oggi o quasi. O quanto meno è già realizzabile in linea teorica. Vi lascio con i due teaser trailer di Sophia (che non a caso significa conoscenza). Chiaramente sono costruzioni cinematografiche, in realtà è un po’ più “goffa” (non penso come i suoi creatori che sia “sostanzialmente viva”), ma è già in grado di porsi domande esistenziali semplici come “Da dove vengo?”, “Come faccio a sapere queste cose?”, “Chi mi ha costruita?”.
Buona notte
P.s. I più accaniti fan di Matrix come il sottoscritto noteranno una similitudine. Le macchine, alle quali non era stata riconosciuta alcuna cittadinanza, scelgono di ritirarsi in una città sperduta nel deserto, casualmente dell’Arabia Saudita…