Non ne avevo mai riparlato tanto come quest’anno.
Dedicato a quelli che domani affronteranno la maturità
Dedicato a quelli che già hanno affrontato la maturità
Dedicato a quelli che mi hanno sopportato e supportato durante la mia maturità
È una breve cronaca di quei giorni del 2009, oramai 8 anni fa (e la qual cosa mi fa sentire tremendamente vecchio, nonostante abbia ancora tutti i capelli in testa e ancora del mio colore). Ho deciso di metterla nero su bianco, perchè dopo quei giorni cambia tutto. Per chiunque. Ah, tra parentesi troverete le considerazioni di colui che qualcuno chiama “il narratore”, una specie di voce fuori campo.
Premessa: ero una persona molto diversa da quella che sono ora. Prima di tutto, politica zero, o meglio, avevo già avuto modo di vederla in piccole forme, ma non tali da trasformarle in un pezzo significativo della mia vita. Avrei iniziato di lì a poco, o meglio stavo già iniziando, ma questa è un’altra storia. Mai fatto rappresentante di istituto, solo in prima rappresentante di classe (con l’unica autogestione ben riuscita del Russell alle spalle tra l’altro…). E soprattutto davo un’immagine particolare di me: agli occhi dei più sembravo il bravo ragazzo studioso, in realtà facevo il minimo per arrivare al massimo risultato (se poi tale risultato coincideva con voti alti non era un problema). E non ero nemmeno adatto a fare ingegneria…andavo a mille in materie come storia, filosofia (che all’inizio in terza odiavo), latino…matematica e fisica facevo il mio senza troppe pretese.
Dopo questo excursus sufficiente per farmi odiare, eccomi qui nel vivo del racconto. I giorni precedenti alla prima prova non li avevo passati in momenti di studio forsennato, semplicemente me li dividevo tra un blando ripasso (avevo una memoria impressionante all’epoca…cosa che ho perso col tempo piano piano) e dormite apocalittiche (altro motivo per farmi odiare ancor di più).
Giorno della prima prova. Non ero particolarmente spaventato. Mi è sempre piaciuto scrivere, da sempre, ma quell’anno non so perchè era scattato quel qualcosa in più che mi aveva portato ad avere voti stellari nei temi. Eppure non mi sembrava di dire chissà che, nemmeno allora. Semplicemente mettevo nero su bianco i miei pensieri, così come li avrei espressi in un dialogo tra due persone (altro punto di odio guadagnato). Leggo le tracce. Per la prima volta viene proposta una chat sui social network. Viralità, condivisioni di massa, erano solo temi di discussione accademica, la società non era ancora penetrata pesantemente in quel mondo.
E io non avevo nemmeno mai aperto un social network si può dire, anzi ero quasi contrario a quei fenomeni (anche se iniziavo ad avere un profilo mio su FB). Ironia della sorte, ora li ho trasformati in un lavoro. Ma per me è sempre così, come per i cellulari: quando tutti avevano un cellulare io non avevo mezzo numero, ora invece se non ho due smartphone in tasca e un tablet nello zaino perennemente connessi esplodo.
Ho esordito con la frase di Andy Warhol “Tutti in futuro avranno diritto a 15 minuti di notorietà”. Dà lì sono partito con il ragionamento. Curioso come l’anno dopo la traccia analoga partiva sempre dai social usando come spunto iniziale la frase di Warhol…
Giorno della seconda prova. Abbastanza liscio devo dire, un po’ di incartamenti nell’ultimo passaggio del problema relativo all’area della figura sottesa dal primo quadrante (ovviamente il tempo di arrivare a casa e mi sono letto la soluzione).
Giorno della terza prova. Al di là dello scambio tra la nostra prova e quella di un’altra classe (scambio risolto nel migliore dei modi), nulla di che. Filosofia domande su Hegel e il Marxismo (che avevo preparato pure in tesina), le materie altre di preciso non me le ricordo, o meglio, erano Inglese, Scienze della terra e Storia dell’arte ma non mi ricordo le domande.
Giorno dei quadri. Partivo da 20 punti di credito, che con un 14/15 nel tema, 13/15 in seconda e altrettanti in terza faceva un bel 40. 60/100 da subito, senza problemi e fatica (e qui odio dei lettori a mille). Un po’ mi è balenata in mente l’idea di fare il “bullo di quartiere” facendo scena muta agli orali, ma ero già allora troppo ambizioso per gettare la spugna.
Il giorno prima dell’orale ho fatto una capatina a scuola per vedere un po’ lo svolgimento degli esami dei miei compagni. Per scrupolo, per capire un po’ come si svolgessero gli orali.
Torno a casa, ripasso un po’ di teoria di fisica, visto che non mi ricordavo alcune formule (che fortunatamente poi mi hanno chiesto). Ripasso la vita degli autori ed esclamo davanti a mia madre << Speriamo che non mi chiedano Leopardi!! Lo odio!!>>.
La sera prima ho dormito sereno, niente scorribande alla Venditti. Una partitina al PC e fine.
Due Luglio. Giorno decisivo. Secondo Maturando ad affrontare gli orali. Comincio, espongo la tesina, che non era nulla di che: semplicemente il racconto dei miei viaggi a Cuba, declinato in chiave letteraria e filosofica (e ci ho buttato Hemigway, Marx, Hegel, Storia della Guerra Fredda…). E dopo sono partite le domande. Storia, vita di Filippo Tommaso Marinetti. Filosofia, dibattito epistemologico di Popper. Scienze della Terra, Tettonica a placche (come il film di Brizzi). Matematica, correzione dell’unico errore del compito (mica scemo a guardare la soluzione subito dopo l’esame). Fisica, relatività ristretta (ripassata il giorno prima). E italiano…dulcis in fundo…LEOPARDI!!! Dannatissimo Leopardi, Canto notturno di un pastore errante dell’Asia. Sento dal pubblico (poi parlerò del pubblico anche) un borbottio femminile bello forte.
Finisco l’orale, esco, e sono sollevato. Da un peso enorme. Avevo un po’ di claque organizzata, formata da mia madre, mio padre e la mia prof. di lettere delle medie.
Mia mare esclama <<Ma come si sono permessi di chiederti Leopardi??>>, la mia prof. risponde <<Ma hai risposto benissimo>>. <<Certo, ma ci sono autori che ti stanno antipatici a prescindere, Leopardi è uno di quelli>>, e la mia risposta ha stroncato tutto e tutti.
Ma ero libero. La maturità si è conclusa con un anonomo 93/100. Anonimo perchè non è quel voto che ti fa gridare al “miracolo” come 100 o 60, ma un voto lì in mezzo. Ma tant’è.
Erano finiti 5 anni non semplici.
Tutto questo racconto, un po’ ironico un po’ odioso serve per dire una cosa semplice. Da domani, quando farete la maturità, riprende un nuovo giro. Quello che avete vissuto finora era solo una parte, bella, spensierata quasi, ma non è nulla rispetto a quello che vi attende. E quello che vi attende va preso per le corna, dire non ce la faccio, ritirarsi, non è più possibile. Una seconda chance difficilmente è possibile da ora. Ma giocatevi tutto sempre fino in fondo.
E anche io ero pronto. Ero pronto per il mio primo viaggio transoceanico completamente da solo, ero pronto per il Politecnico (sempre più convinto ora che avrei dovuto fare filosofia), ero pronto per l’impegno politico. Ero pronto a diventare quello che sono oggi. Ma il resto della storia lo sapete.
“L’importante non è quello che trovi alla fine di una corsa… L’importante è quello che provi mentre corri…Molinari, ripassa Leopardi, se all’orale sei in difficoltà te lo chiedo”