Questo post parte un po’ come conseguenza dell’articolo di ieri di Sabino Cassese, ovviamente senza la pretesa di averne la profondità di visione.
Ma provo anche a cambiare punto di vista della questione, aggiungendone un pezzo tutto mio.
Sicuramente questo bullismo politico nei confronti del Presidente della Repubblica fa male, soprattutto a chi crede nella sacralità delle istituzioni democratiche come il sottoscritto, ma d’altronde non possiamo aspettarci nulla di diverso. E non lo dico tanto per la caratura dei personaggi (e non che li reputi all’altezza di governare un paese), quanto per il messaggio politico distorto che in questi anni ha drogato l’opinione pubblica.
Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio. Il Presidente del Consiglio, sentite le forze politiche che lo sostengono (e anche quelle che non lo sostengono), propone al colle una lista di Ministri, che, verranno nominati in seguito dal Presidente della Repubblica, il quale ha la prerogativa di rivedere tale lista e di nominare i Ministri.
Fine del cinema. Non esistono altre questioni che legano il funzionamento della cosa. Ma se partiamo in un sistema dove si parla di Presidenti del Consiglio “non eletti dal popolo”, cosa ci possiamo aspettare se non forze politiche che ragionano esattamente come sta accadendo in queste ore? Rifiutare i contrappesi che esistono in un sistema democratico vuol dire porsi automaticamente fuori dallo stesso.
L’unica forza che questo governo ha sono i puri numeri d’aula, e il gioco sarà proprio quello di riuscire ad arrivare in aula per avere la prima fiducia, costi quel che costi. E quando esiste solo la forza dei numeri, significa che la politica è agonizzante.
E non solo, subordinare la politica alle rigide regole di un contratto, che è un istituto giuridico che regola rapporti tra privati senza spazi di interpretazione, vuol dire che la politica sta morendo due volte. Che non si ha la capacità di risolvere le questioni con gli strumenti delle istituzioni.
E da Repubblica Parlamentare, siamo diventati la Repubblica dei Numeri e dei Privati.