Caro Enrico

Caro Enrico,

avevo promesso di scriverti una lettera qualche giorno fa. Ebbene eccola qui, molti dei miei compagni sanno che sono uno spaccapalle prolisso e quindi penseranno “Ma pure ad Enrico che sta tanto bene lassù vai a rompere?”.

Ebbene sì perchè quando si è Segretario gli iscritti ti parlano, ti chiedono pareri o semplicemente si sfogano.

Ecco io voglio sfogarmi, perchè come ti avevo anticipato, ti racconterò quello che non siamo più.

Sono sempre stato fiero di chiamare le persone “Compagni”, perchè compagno indica vicinanza politica ma soprattutto stima. Ma quando vedi quello che ho visto ci sono persone che in teoria sono “Compagni” ma alle quali non stringerei nemmeno la mano. Perchè la bassezza a volte è tale da chiedersi chi è quello sbagliato, se tu o loro. E quando rinsavisci ti resta nel corpo una grande amarezza…e una gran voglia di menare calci (ma non lo fai solo per evitare implicazioni penali).

Una sola cosa pretendo da un gruppo, specie quando si hanno ancora i capelli del proprio colore naturale: non voglio che tutti la pensino allo stesso modo ma che almeno ci sia un elevato livello umano.

Ma quello viene a mancare quando si scegliere di togliere la parola a chi non la pensa come te, a chi sai già che ti criticherà ma viene zittito preventivamente, negando la cosa che dovrebbe essere davvero la più bella: ossia il voto.

E poi c’è chi la chiama festa, c’è chi la chiama opportunità, probabilmente annebbiato più dai fumi di parte che da lucide analisi. No, non è una festa, è un incubo. E quando un giovane ti dice “C’è del marcio in Danimarca” e scopri che la Danimarca è a pochi km da casa è ancora peggio. Se una generazione poi si mette a ridere di quella successiva è davvero una sconfitta, significa che quella precedente non ha reso migliore il futuro e quella successiva non lo renderà migliore perchè svuotata di qualunque capacità di farlo.

Ma non importa, l’importante è sorridere quando si vota no? Non importa quanti perdono la fiducia in te, basta sorridere. Non importa dividere il pane con Barabba, tanto arriva sempre un Pilato che ti salva. E Barabba la farà sempre franca, ridacchiandosela con un dito che indica di fare silenzio.

Una volta ho sentito qualcuno dire “Non abusare della pazienza”. No, è chi l’ha detto che ha abusato della nostra, per troppo tempo e troppe volte. E purtroppo continuerà a farlo, sempre con un sorriso finto, mentre con la mano sinistra indica il silenzio e con la destra accoltella una generazione intera.

Ma ci sono anche quelli che urlano allo scandalo, che una persona che passa di lì per caso potrebbe dire “cavoli ha quasi ragione”. Peccato che poi sono semplici leoni da tastiera che si conformano ad un grado ancora sotto a Barabba.

Caro Enrico, ecco quello che non siamo più. Non siamo più in grado di dare speranza a chi verrà dopo di noi.

Un caro saluto Enrico, e da lassù distogli lo sguardo ti prego da quello che succede qui, non te lo meriti di vedere tutto ciò.