Noi non.

Due post al giorno forse sono pure troppi, ma a volte sono necessari.

Dopo stasera, alla fine o forse all’inizio della più lunga crisi delle istituzioni italiane, tante cose sono sempre più chiare.

Quasi un’ode, quasi un canto, poche righe che esprimono amarezza, ma anche il momento nel quale lo sconforto diventa orgoglio.

Noi non siamo più in grado di comprendere le differenze tra una proposta politica A e una proposta B senza farsi prendere dal tifo, e coglierne le profonde implicazioni nella vita di tutti i giorni.
Non siamo più capaci di rispettare l’altro, qualunque altro sia, con tutte le sue differenze, pensando che comunque sono negative e lo rendono meschino rispetto a noi.
Noi non capiamo il funzionamento delle nostre istituzioni, quali sono i pesi e i contrappesi che le fanno funzionare e perchè funzionano in quel modo.
Noi non abbiamo nemmeno più fiducia in chi dovrebbe rappresentarci, anche in chi abbiamo scelto direttamente, tanto “sono tutti uguali”.
Noi non conosciamo più la nostra storia, fatta di generazioni che hanno sofferto, hanno sudato ma che hanno anche vinto.
Non apriamo più un giornale, un libro, un testo. È una perdita di tempo, quel tempo perfettamente monetizzato.
Non abbiamo più la forza di andare oltre il “qui e subito”, risucchiati dal fascino dell’immediatezza.
Non abbiamo più voglia di dire quello che pensiamo davanti ad un’altra persona, la tastiera è molto più comoda e meno faticosa di sentirsi dire un “no” dritto in faccia.
Non abbiamo più la voglia di riconoscerci in valori comuni, che dovrebbero regolare la vita di un paese vero.
Ma non dobbiamo smettere di crederci fino alla fine in qualcosa di diverso.
Non voglio pensare ad un paese che ha perso sé stesso.
Non dirò mai “sono tutti uguali” perchè è uno schiaffo in faccia a tante persone oneste veramente.
Non augurerò buona fortuna a questo o quello questa volta, ma un grande buona fortuna a noi e al nostro paese. Perchè si spera che qualcosa veramente abbia la forza di essere diverso.

Buona notte.