Roberto Baggio e una storia veneta

La domenica per me è sempre una giornata un po’ così…se sono liberto da impegni o gitarelle fuori porta mi rintano in ufficio e, nella pace e nel silenzio, sistemo un po’ di cose (F24, scadenze, fatture) e organizzo l’agenda per la settimana successiva. Una cosa quasi da maniaco, però mi mette sempre pace.

Tengo sempre acceso il tablet con un sottofondo sonoro, un film piuttosto che un po’ di musica, perchè mi aiuta nella concentrazione. E mi è capitato di rivedere oggi il film Netflix “Il Divin Codino” proprio nel giorno del compleanno di Baggio.

Non ho mai avuto molte maglie di squadre di calcio, solamente tre: una presa con i punti della Panini dell’Inter di quest’anno, una della nazionale del 2006 di Luca Toni e l’ultima, la più vecchia ma che tengo come se fosse un piccolo tesoro, quella di Roberto Baggio dell’Inter della stagione 1998-1999.

Di solito tiro fuori la battuata che “uno per avere il nome sulla mia schiena deve aver fatto grandi cose”, e dopo aver visto quel film, sono ancora più convinto di quella maglia di Roberto Baggio.

Non so quanto il film sia fedele alla vera storia del Codino, ma poco importa. Dentro quel film ci ho trovato un bellissimo messaggio, un messaggio di forza, potenza, sacrificio e, soprattutto, una storia semplice e “veneta”.

Una famiglia semplice, con quella saggezza da “terra” con la quale in una frase si è in grado di racchiudere tutto il senso di tantissime cose. Frasi che ho sempre sentito da mia nonna, da mia mamma…

“Ma i te da tuti chi schei?”, “Varda ca le mina un scherso sa!”, “Ma l’è un lavoro vero o cosa?”, “Varda che nisuni a te da niente” (perdonatemi il veneto maccheronico)…non avete idea di quante volte le ho sentite anche io queste affermazioni o domande, non so nemmeno io come definirle. Frasi semplici ma potenti, che non ti scorderai mai per tutta la vita.

Un film sul calcio dove si vede pochissimo pallone ma tanto della persona, e soprattutto mette al centro il sogno e il sacrificio per raggiungere un obiettivo, qualunque esso sia.

E racconta anche di un profondo legame con la “terra”, e forse non è un caso che ci chiamano “i terroni del nord” perchè sentiamo la terra in modo più forte, terra intesa come radici che trascendono il luogo in cui sei e c’è qualcosa che ti dentro che non cambia. E non a caso Baggio è rimasto in Veneto, a contatto con quelle “terra” intesa come radici e forza semplice.

E mentre scrivo mi viene in mente un ricordo. Quella maglietta mi era stata comprata in un anno dei più difficili per la mia famiglia, il 1° maggio alla fiera che ogni anno si svolge nel mio paesino. Quell’anno mio padre per parecchi sabati mi portava alla Pinetina sperando di riuscire a farmi vedere qualche allenamento, ma ovviamente di sabato non era possibile proprio a causa o delle partite o dei ritiri della squadra. E io speravo di riuscire a farla firmare da Baggio…cosa che non sono mai riuscito a fare (nonostante fosse tarocca da bancarella quella maglia).

Ma ci sono ricordi, simboli e storie che trascendono. Perchè puoi sbagliare il rigore nella finale dei mondiali, ma a battere quel rigore ci arrivi solo se ti impegni fino in fondo e se rimani uguale a te stesso senza perderti mai. E se capisci che dietro il tuo ruolo c’è sempre l’umanità, forse qualche bel ricordo nella mente delle persone lo lasci…