Un disco rotto

In questi giorni capisco cosa prova un disco rotto. Mi sembra di ripetere sempre la stessa cosa, stessa cosa che puntualmente non viene capita. Non siamo allo stadio, non si fa il tifo per tizio o caio. Non siamo in un sistema maggioritario, è vero bastava un sì per cambiare la dialettica, però ciò non è accaduto, e i numeri per un governo si trovano in Parlamento. Punto, fine del cinema.

Quindi la situazione attuale politica attuale la trovo quantomeno surreale. E fa male, fa male vivere in un Partito dove si fatica a intravedere una linea, dove si delegittima chi ha la possibilità di mediare tra le varie sensibilità e dove si escludono a priori opportunità per livore vendicativo.
Me ne faccio poco di tanti begli hashtag #senzadime.

Partiamo ad analizzare le cose una per una.

I mandati esplorativi. I mandati esplorativi sono incarichi che, come dice il nome, hanno il compito di verificare possibili maggioranze parlamentari per la formazione di governi in aula. Per fare un po’ di storia, in passato per esempio ci sono stati mandati esplorativi affidati a Nilde Iotti. Bene, quindi non c’è da scandalizzarsi se con presidenti diversi si possono ottenere maggioranze e proposte diverse. Starà poi al Presidente della Repubblica dipanare con le sue considerazioni politiche anche le matasse più ingarbugliate, ma poi ognuno si deve prendere la responsabilità delle proprie scelte con annesse conseguenze.

Il Partito Democratico. Bene, con il mandato esplorativo di Fico (che comunque la pochezza del personaggio è stata dimostrata dal servizio delle Iene, seppur da verificare) c’è stato uno spiraglio, un mezzo spiraglio di una possibile maggioranza PD – M5S. Maggioranza che da iscritto PD non so se accoglierei con favore o meno, ma sicuramente non sono uno di quelli che lancia hashtag e minacce di scissioni o di andarmene qualora dovesse passare una linea a me non gradita. Se ha senso essere in un luogo politico, se ha senso condividere valori in una comunità, non ha senso andarsene qualora la decisione di una maggioranza non ci aggrada. Ricordiamoci che nemmeno Renzi, nel 2012 quando perse le primarie per la premiership, se ne andò. Anzi restò nel Partito e ne dimostrò la contendibilità. La direzione del 3 maggio (con reggente Martina, ricordiamoci che la linea da sottoporre a discussione è la sua) a mio avviso dovrebbe votare non tanto se aprire un tavolo di discussione o meno, ma su cosa aprire il tavolo di discussione. Ci sono comunque valori non negoziabili e l’obbligo è quello di non snaturare lo spirito del Partito Democratico stesso e della sua proposta politica. Da lì si parte, poi puoi, anzi devi, discutere i punti, i paletti, i temi, le questioni sui nomi (sempre per ultime ma comunque importanti). Vedere le carte, rilanciare, smascherare bluff. Ma sottraendoti al confronto ti arrocchi, e perdi. Sei fuori dal gioco, perchè l’arrocco ti porta ad isolarti nella proposta politica…e perdi, due volte. Per carità, pesiamo e pesate bene le parole, non vuol dire che necessariamente si debba stare al governo, anzi trovo ridicolo anche che si chieda responsabilità sempre solo al PD. Abbiamo fatto opposizione per anni e non poco, ma lì era chiaro a chi e a cosa si faceva opposizione. Ma ora, “opposizione, opposizione”, sì ma a che cosa?
Abbiamo ancora degli organismi dirigenti. Usiamoli come meglio crediamo, ma usiamoli, non trattiamoli con sufficienza ogni volta. Ci sono dei momenti dove anche uno “show” può essere gradito, mentre in altri è fuori luogo.

Il Movimento 5 Stelle. “Abbiamo fatto analizzare il nostro programma da un comitato scientifico e abbiamo trovato delle convergenze per poter scrivere un contratto di governo”. Citazione non letterale ripetuta a nastro da qualunque eletto del Movimento. Un comitato scientifico?? Ma stiamo dando i numeri?? I programmi li fa la politica, le convergenze le trovi nella discussione, non abdichi ad un comitato di sapienti che opera non so bene su che base di legittimazione. E soprattutto, spiegate al vostro elettorato che non eleggiamo il Presidente del Consiglio, ma il Parlamento, quindi la querelle su Di Maio Premier a tutti i costi non ha alcun senso. Può essere una questione di chiarezza l’indicazione di un Premier a priori, ma politicamente lascia un po’ il tempo che trova in una Repubblica Parlamentare.

Il Centrodestra. “Guardate quanto tempo sta passando per la formazione di un governo”. Altra citazione non letterale. Nel 2013 si votò il 24 e il 25 febbraio e il Governo Letta entrò in carica il 28 aprile. Passo e chiudo. “Non si può legare il destino di un governo a quello di una Direzione di Partito”. Ah perchè i Governi balneari della DC Cos’erano? E non ho intenzione di sprecare altre parole.

Ora mi aspetto già la sassaia di commenti di chi ha capito tutto e ha già le risposte in tasca, tutte quante.
Ma resto un sognatore ottimista, e spero che la politica abbia la forza di recuperare quel ruolo oramai dimenticato di educazione della società (che oramai è diventata atomica, e capire il come sarà fondamentale), educazione di una classe dirigente (politica, imprenditoriale, culturale…) che manca tremendamente in questo paese. Altrimenti tutti i problemi resteranno lì, con tutti che li cavalcano e nessuno che li governa.