Cristo si è fermato a La Habana

Tanto per fare il verso al Romanzo di Carlo Levi. Non sono mai stato un ultra appassionato di Politica Estera, men che meno di Politiche Internazionali. Lo ritengo un argomento, seppur molto importante, sul quale non sento di avere i mezzi per poter dire qualcosa. Un mio limite lo ammetto.

Ma questa settimana si sono verificati alcuni eventi sui quali non si può non aver qualcosa da dire, perchè non dire nulla ci renderebbe meno umani.

I tre attentati di questi giorni: Bruxelles, Baghdad e Lahore. Tre eventi legati dal filo nero dell’Isis che nel primo caso vuole colpire il cuore dell’Europa, mostrandone tutti i suoi limiti ma anche quelli che devono essere i suoi punti forti per creare una vera e propria Unione, e nei due eventi successivi con due gesti eclatanti prova a ribadire un suo ruolo nella regione che sta vedendo proprio in questi giorni un ridimensionamento. E questo si traduce nella necessità di azioni estreme da parte dello Stato “Islamico”.

Pakistan

Non voglio avere un atteggiamento “struzzista” (voglio scrivere alla Crusca, se hanno ammesso petaloso magari accettano anche questa parola), ma preferisco parlare di un altro fatto che è passato purtroppo in secondo piano. Una cosa che nonostante i fatti di questi ultimi giorni ci fa ben sperare, perchè un “conflitto” che oramai durava da quasi 60 anni è volto al termine. O almeno si spera.

Come suggerisce il titolo voglio far fare al globo terracqueo un mezzo giro, e guardare la “piccola” Cuba, dove il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama si è recato in visita.

La cosa più bella, che davvero ha fatto la differenza in questo viaggio non sono stati gli interventi di rito e le cerimonie doverose, ma tutto il resto.

Ver al Presidente Obama y toda su familia pasear por las calles de La Habana, saludar la gente por la calle, los bicitaxi, verlo en un partido de beisbol, jugar a dominò en casa de Panfilo, me hizo emocionar y no poco: vì el mundo en este instante que iba encontrar a todos los cubanos y una ciudad entera, hecha de derrumbes, gozaderas, gente que vende por la calle…

Non mi sono rimbambito di botto, ho voluto scrivere in spagnolo un po’ perchè ho voluto immaginarmi lì in quel momento (anche se Cuba fa parte di una mia vita precedente nulla mi vieta di adorarla), un po’ perchè volevo provare a trasmettere le emozioni di un Habanero che da un giorno all’altro mentre va sotto una pioggia battente a la bodega si ritrova davanti il Presidente degli Stati Uniti con tanto di famiglia al seguito e due giorni dopo addirittura i Rolling Stones.

Ma il Malecon è sempre lì, con la sua malinconia, con le sue onde e “la sua poesia non finita”.

Malecon

E quindi perchè la citazione del libro di Carlo Levi? Perchè per un giorno il mondo ha vissuto in un momento felice, nel quale se il Presidente della Yuma poteva camminare tranquillamente a La Habana tutto sarebbe stato possibile. Ma dai sogni a volte ci si svegli e la verità è troppo amara, e Cristo si è fermato a La Habana proprio come la ferrovia si fermava ad Eboli…

Buona notte

Edoardo

 

Materiale visivo estratto dalle testate online Huffpost.com e Oncubamagazine.com con il solo scopo divulgativo. Tutti i diritti riservati.