Famo er botto!! Mejo de Roma – Lazio!

L’archetipo del supereroe è quello della Marvel (o DC): tanto bello e senza macchia quando combatte per il bene supremo quanto un po’ sfigato nella sua vita vera. E quasi sempre le sue gesta hanno come palcoscenico una grande metropoli moderna di stampo americano. Grattacieli che esplodono, ponti che crollano e cose simili sono il pane quotidiano per un supereroe, che sfida cattivoni psicotici tutti i giorni.

Ma da non-fan del genere mi sono sempre chiesto: e se ci fosse un supereroe nelle nostre città, tipo Milano o Roma?

E la risposta è arrivata due sere fa quando ho visto con molto piacere questa piccola perla del cinema italiano “Lo Chiamavano Jeeg Robot”.

Il superereoe diventa tale non a causa di punture di ragno, ma per essersi tuffato in un Tevere contaminato dalle radiazioni e si muove nelle periferie degradate della capitale come Tor Bella Monaca. Anche i cattivi sono totalmente diversi dal villain dei kolossal americani, sono delinquentelli ordinari che sognano di sbancare nel mondo del crimine (lo Zingaro in ogni caso strizza l’occhio al Joker come aspetto fisico) ossessionati dalle mode italiche oppure gang che cercano di sovvertire lo stato, ma in entrambi i casi sono espressione della parte più “noir” del nostro paese.

Una spanna sopra tutti è l’interpretazione di Ilenia Pastorelli, che è il vero motore del film, e interpreta un ruolo non facile dando una leggerezza al peso che il personaggio di Alessia deve sopportare (anche se dal mio punto di vista avrei mantenuto la relazione dei due su un piano più “fraterno”).

Noir, comic heroes, comico, grottesco. Difficile classificarlo in un genere. Resta il fatto che è un film da vedere e che permette di respirare il tema dei superereoi in modo più “glocal” e non solo in chiave USA o Giapponese. Sono presenti diverse scene crude, ma non sono mai “violenza gratuita”, e servono anche ad eliminare un po’ il concetto del “politically correct” dal genere supereroi. E una battuta in romanesco fa letteralmente spanciare pronunciata da un supereroe.

Stavolta le azioni eclatanti non sono in un ultragrattacielo tutto imbellettato e luccicante, ma in una Roma piena di ombre e durante una partita della Roma.

Alla fine del film nessuno sa classificare Enzo Ceccotti, e la frase che può riassumere il film è la domanda che lo Zingaro gli rivolge: “Ma te chi c***o sei?”.