La fatica di mettersi in gioco

Oramai chi mi legge da un po’ sa che quando parlo del mio impegno politico ho alcune parole che fanno parte di un determinato campo semantico: fatica, impegno, militanza, sudore. Ma anche unione (più che fraterna), condivisione, costanza.

Qualcuno la battuta me l’ha tirata, e ad una prima lettura più che superficiale sembrano parole di una persona che debba essere a sinistra, più a sinistra della “scelta di campo” che ha fatto. Non è così mi spiace. Tutte quelle parole le ho fatte diventare mie nel corso degli anni, sono diventati valori imprescindibili del mio agire e, nonostante quanto spesso succede, sono fermamente convinto che solo attraverso la preparazione costante, l’impegno quotidiano e la condivisione vera si arrivino a risultati duraturi.

L’impegno a spot, momentaneo, da fungo (o da muffa per i più fini) non porta mai a qualcosa di duraturo. Magari sulla breve distanza può appagare l’ego di qualcuno, ma poi si rivela poca cosa.

In questo Congresso ho deciso di sostenere Renzi fin dall’inizio, spendendomi in prima persona tra circoli, convenzioni ed eventi. Ma non solo, con articoli su testate e newsletter locali e non.

Non sono mai stato un tifoso, e nemmeno un sostenitore acritico, su questo blog potete trovare tutte le evoluzioni e sfaccettature del mio pensiero politico. Che, com’è giusto che sia, non è rimasto fossilizzato ma si è evoluto. Chi si fossilizza è perduto, e il sostegno a qualunque livello deve essere sempre ragionato e “sofferto”.

E credo che, nonostante i limiti umani la piattaforma di politiche elaborata da Matteo Renzi sia ancora l’unica in grado di mantenere il Partito Democratico come perno della politica italiana, e di trasformarlo nel Partito di centrosinistra che l’Italia e gli Italiani meritano. Ed è per questo motivo che ho accettato di mettermi in gioco candidandomi nella lista dell’Assemblea Nazionale a sostegno della Mozione “Avanti, Insieme” di Matteo Renzi e Maurizio Martina.

Può darsi che sia una cosa che non porterà futuro, o magari sì. Non lo so. Però è certo che questi passaggi sono fondamentali per costruire classe dirigente nuova, che sappia essere presente negli organismi competenti non solo “per fare numero”.

L’invito che lancio a tutti ora, in queste due settimane, è quello di dare il 110%, di rendere il congresso una “cosa propria”, come se in gioco ci fosse ciascuno di noi stessi. Con i gazebo (e quello è uno dei nostri luoghi, la piazza, dove si “respira” la nostra gente), con i volantinaggi, con qualunque cosa.

Perchè la politica non finisce con le “scadenze”. E il 1° maggio ci aspetta, il mondo inizierà lì.