Una breve storia, per ricordarci chi eravamo.

Migranti, migrazioni, spostamenti di popolazioni. Se ne parla come se fosse una novità dei giorni nostri. Eppure ci sono stati tempi dove i migranti economici, quelli in cerca di un futuro migliore, eravamo noi, e con noi intendo davvero ciascuno di noi.

Si sentono le storie di grandi uomini, che hanno fatto la differenza. Ma ci sono anche le piccole storie, fatte di persone comuni che hanno scelto di cercare il loro pezzettino di futuro. Storie fatte di sofferenze, di addii e di tanti altri sentimenti.

E voglio raccontarvene una, una di quelle storie di emigrazione tra Italia e Italia. E sembrava veramente di cambiare mondo, spostandosi solamente di qualche centinaia di chilometri.

C’era una volta un omino, piccolino piccolino, alto a fatica 1 e 65. Era un bracciate e viveva in un paesino sperduto del Polesine. Aveva una moglie e tre bambine, faceva fatica tutti i giorni a lavorare la terra, ma era felice di stare dove stava, di vivere di quello che riusciva a portare a casa, tanto o poco che fosse. Sapeva leggere a fatica purtroppo, e non parliamo del saper scrivere; suo papà era morto in guerra e sua mamma era oramai malata.
Lui era comunque felice della sua vita, sorrideva sempre, sempre allegro.
Ma si sa, la vita del contadino che lavora per un grande padrone è dura, e arrivò un momento nel quale l’inverno gli portò via il lavoro. Tutto il lavoro, e non poteva più sfamare nè sua moglie nè le sue bambine.
Un giorno una persona gli disse “vai in città, vai nella via x, se ti iscrivi e fai la tessera in quel posto lì ti aiuteranno a trovare lavoro, vedrai”.
Lui, sempre felice e sorridente un giorno andò in città ed arrivò nella via x. Non sapeva leggere, e quindi non capiva cosa c’era scritto sull’insegna di quel posto. Ma aveva riconosciuto il simbolo all’ingresso: una fiamma tricolore.
Un po’ di anni prima i fascisti, quelli che si vantavano di quella fiamma, avevano ucciso suo fratello, che all’epoca aveva appena vent’anni o giù di lì. E sua mamma era andato a prenderselo.
E lui se lo ricordava, se lo ricordava eccome, ma doveva scegliere se rinunciare al lavoro oppure rinnegare quel pezzo della sua famiglia.
Tornò indietro, tornò a casa. Ah, mi ero dimenticato, aveva pure una piccola casettina, al limitar dei campi. Non aveva ancora un lavoro.
Allora scelse di andare via, di andare via dal suo paesino sperduto nel Polesine, per andare in Lombardia, dove c’era lavoro, dove poteva dare da mangiare a sua moglie e alle sue bimbe. Anche se era felice del suo paesino.
Arrivò in Lombardia d’inverno, e tutto era grigio. Faceva più freddo a casa sua in Polesine, ma qui il freddo era diverso. E lui ad un certo punto non sorrise più, non era più felice.
Ma sapeva che l’unico modo di dare un futuro alle sue tre figlie era di stare lì, lavorare e non essere felice.
Eppure il sorriso l’ha ritrovato. L’ha ritrovato un anno dopo, quando con la sua valigia di cartone è tornato nel suo paesino per le vacanze. Era felice. Era tornato in treno, viaggiando fuori tra una carrozza e l’altra, ed era arrivato tutto nero nero per il fumo della locomotiva.
L’anno dopo tornò ancora nel suo paesino, ma in macchina, perchè ora aveva lavorato e poteva permettersi la Simca 1000.
Ma non sorrideva più come prima, lavorava solamente. Sorrideva solo quando tornava in quel paesino. E se ne andò sorridendo.

Sembra una favoletta, un po’ triste da raccontare ai bambini. Eppure è una storia vera, una storia di chi ha avuto il coraggio di non piegarsi a qualcosa che non accettava, ed è andato triste e con fatica a cercare un futuro.

E questa favoletta la farei leggere a tutti coloro che urlano “a casa loro!!”, “noi qui non li vogliamo!!”. Chiunque essi siano. Tanto sono sicuro che anche allora c’era chi urlava “vattene via non c’è posto per te!”. E sono sicuro che sono gli stessi di oggi. Spesso, sono anche gli stessi che non si ricordano che come nonno o come padre hanno avuto anche loro uno di quegli “omini” che se ne sono andati cercando lavoro e futuro.

P.s. L’omino piccolo piccolo è quello della foto qui sopra, Desio Rosato, il padre di mia madre. A volte ci sono piccole briciole di forza nelle persone più inaspettate.